MYANMAR. La strategia del Porcospino della Giunta militare 

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Nelle principali città attorno ai confini del Myanmar sta emergendo lo stesso modello visto in Afghanistan e in Vietnam prima ancora: da Myitkyina e Bhamo, nello stato settentrionale del Kachin, a Lashio, nel nord-est dello Shan, e Sittwe, sul Golfo del Bengala a ovest, l’esercito del Myanmar si sta ritirando nelle città protetto dalla forza aerea, dall’artiglieria e da abbondanti scorte di munizioni. lasciano dal insorgenti tutto il resto.

Dopo otto mesi di sconfitte per mano degli eserciti etnici ribelli, la giunta del Consiglio di Amministrazione dello Stato sta attuando la “strategia del porcospino”: rannicchiarsi su se stessa dietro una serie di aculei letalmente affilati senza fare nulla, riporta AT.

La situazione ai confini si sta lentamente ripetendo anche nel Myanmar centrale.Dal 25 giugno i ribelli di etnia Palaung dell’Esercito di liberazione nazionale Ta’ang, Tnla, e i loro alleati della Forza di difesa popolare di etnia Bamar, hanno iniziato a spingere le forze dell’esercito verso Mandalay, l’antica capitale reale del Myanmar, con offensive nella cittadina di Madaya immediatamente a nord di la città e verso Pyin Oo Lwin, sede della prestigiosa Accademia dei Servizi di Difesa militare che domina Mandalay dalle colline a est.

Anche se imposto la strategia del porcospino urbano offre tre distinti livelli di vantaggio: militarmente, invita l’opposizione a scendere dalle colline e dalle giungle e incontrare l’esercito nelle pianure e nelle risaie dove la superiorità dell’esercito potrebbe essere letale.

Politicamente, il controllo della Giunta sulle aree urbane comporta il controllo sulla maggioranza della popolazione del Myanmar e offre le basi per nuove elezioni previste per il prossimo anno. Dal punto di vista diplomatico, l’amministrazione pseudo-civile che emergerebbe dalle elezioni potrebbe riuscire a dare ai militari tempo sufficiente per vincere ad un tavolo negoziale mediato a livello internazionale ciò che attualmente rischia di perdere sul campo di battaglia.

Certamente, i principali vicini del Myanmar, Cina, India e Tailandia, e l’Asean più in generale, perderanno poco tempo nell’appoggiare le elezioni e nell’ampliare l’impegno con qualsiasi amministrazione pseudo civile, seguita poi dall’Occidente.

Ma quanto reggerà la strategia del porcospino? All’inizio della stagione delle piogge del 2024, sarebbe insensato suggerire una risposta chiara. 

In questo contesto fluido, due variabili chiave saranno cruciali nel modellare il caotico campo di battaglia del Myanmar nel prossimo anno. Il primo, e forse il più cruciale, è la misura in cui le forze di opposizione adotteranno un approccio cinetico diretto o indiretto contro la strategia della Giunta.

Fino ad ora il Governo di Unità nazionale si è limitato ai proclami sintetizzabili con lo slogan “vittoria entro un anno”; ma non vi è alcuna garanzia che non continui a portare avanti richieste per obiettivi entusiasmanti, ma irrealistici, nonostante la scarsa preparazione militare delle sue forze.

Al contrario, un approccio indiretto comporterebbe uno sforzo su più fronti volto a dividere ed esaurire le forze del regime già indebolite: una tendenza alla guerriglia e all’assedio piuttosto che alla guerra. 

La topografia del Myanmar centrale offre un contesto particolarmente favorevole per un simile approccio strategico. Questa strategia è già emersa durante la scorsa stagione secca lungo la principale autostrada che collega i centri controllati dalla Giunta nella penisola meridionale di Tanintharyi lungo la costa del Mare delle Andamane e con il crescente sabotaggio delle linee ferroviarie Yangon-Mawlamyine e Yangon Mandalay.

Ovvio che una simile impostazione richiederebbe una mobilitazione di più ampio spettro e durata. 

Su queste variabili s’innesta il tallone d’Achille del Tatmadaw: la sua carenza di uomini. 

La frenetica corsa per accelerare la coscrizione a partire dall’introduzione della legge sul servizio militare popolare lo scorso febbraio ha smentito il mito di un Tatmadaw di 350.000-400.000 effettivi e combattenti. Oggi, ci si concentra su una cifra compresa tra 70.000 e 90.000 soldati.

Tommaso Dal Passo

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