BALCANI. Dilemma sull’allargamento dell’Unione Europea

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L’allargamento dell’Unione Europa ai paesi dei Balcani occidentali è un tema di cui si discute da tempo, ma è solo negli ultimi anni che ha avuto una nuova linfa, un’accelerazione importante. Montenegro, Macedonia del Nord, Albania, Serbia, Bosnia ed Erzegovina ed infine il Kosovo, sono questi i sei Paesi che puntano, con le loro diversità e caratteristiche a divenire membri dell’UE, alcuni sono più avanti nel processo, per altri non è proprio ancora partito. Molti sono i punti sui su cui si devono allineare e convergere rispetto alle politiche europee e l’obiettivo temporale almeno per alcuni è il 2030.

Presso la Konrad Adenauer Stiftung, KAS, Fondazione tedesca che promuove la democrazia liberale, l’economia sociale di mercato, lo sviluppo e il consolidamento del consenso dei valori comuni in Germania, in Europa e nel mondo, si è tenuto un incontro all’interno dei Dialoghi Europei sul tema “L’allargamento dell’Unione Europea ai Balcani occidentali”. L’evento ha visto la partecipazione dell’Ambasciatore Massimo Gaiani, Direttore Affari Internazionali SNA, già Ambasciatore d’Italia in Albania e Turchia, con la moderazione della Professoressa Claudia Morini, Docente di diritto dell’UE. La Conferenza è stata introdotta dal Dottor Nino Galetti, Direttore della KAS, Italia, a cui è seguito un intervento di Francesco Tufarelli, Consigliere di Palazzo Chigi. 

L’Ambasciatore Gaiani ha subito iniziato parlando dei Balcani, presentando due interessi che esistono: geostrategico per l’Europa e quello economico che è altrettanto evidente. Soprattutto nel primo caso ci sono possibili competitor che entrino sulla scena. La domanda che ci si pone e se si andrà verso gli interessi o verranno salvaguardati i principi valoriali su cui si forma il processo europeo. L’allargamento ha da sempre rappresentato un magnete ed è forse l’unico effettivo strumento di politica estera che ha funzionato, ha avuto un ruolo, è stato percepito fortemente, altrimenti la UE lavora dentro nel suo interno, ma fuori non c’è, non si avverte. L’allargamento, quello che nel 2004 in solo colpo ha visto entrare Polonia, Ungheria, Slovenia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Lettonia, Estonia, Lituania, Cipro e Malta e nel 2007 Bulgaria e Romania e da ultimo la Croazia nel 2013, è stato fortemente voluto dalla Germania che ha spinto molto sul tema, convincendo magari anche Paesi un po’ più refrattari sulla questione.

Non è stato sempre positivo e non ha portato tutti i frutti sperati l’allargamento, perché ad esempio se si fa riferimento a Cipro è possibile sostenere che ha rappresentato il pantano dove è finito l’allargamento, visto tutte le problematiche con l’altra parte dell’isola e le questioni irrisolte fra Turchia e Grecia. Inoltre, si è andato troppo piano poiché dopo la Croazia nel 2013 niente più, nessun nuovo ingresso. Come accennato le controversie bilaterali hanno giocato un ruolo negativo, inficiando pesantemente il percorso.

Entrando nello specifico dei vari paesi, il Montenegro, che era stato fermo per tre anni a causa dell’instabilità politica, e l’Albania sono i più carichi e propensi ad avanzare; la Macedonia del Nord, invece, è ferma e la ragione risiede nella questione della tutela della minoranza bulgara, con il partito che è stato all’opposizione fino a qualche giorno fa ed ora ha vinto, da favorito, le elezioni è contrario e non la fa approvare ma con ciò si tornerebbe indietro ad una nuova fase di stallo nei negoziati. Da un punto di vista economico, comunque, l’UE sta facendo molto: di recente è stato approvato un pacchetto da sei miliardi di euro proprio per i Balcani. Questo è molto importante in prospettiva, nondimeno esiste una forte condizionalità per i fondi, ossia che verranno elargiti se avverranno modifiche fondamentali sulle questioni in oggetto.

Una riflessione importante da fare è che bisognerà lavorare sui capitoli e non farsi condizionare da questioni bilaterali. Il percorso, come detto, ha attraversato diverse fasi fra cui una di stallo anche a causa della pandemia e della crisi energetica, ma nonostante ciò l’interdipendenza economica è comunque aumentata fra i Balcani e l’Europa grazie alle intese intergovernative bipartisan, ma che non portavano a riflessi legislativi in materia.

Nel percorso di allargamento non si può non menzionare la Turchia, che in origine era molto interessata ad entrare nell’UE, poi nel corso degli anni, la sua traiettoria ed il suo orizzonte sono cambiati, ma dipende fortemente dall’Occidente comunque, per l’industrializzazione in particolare, anche gli armamenti, secondo l’Ambasciatore. Esiste un’unione doganale con l’UE ma andrebbe modernizzata anche con prodotti agricoli, ma vi è il blocco a causa di Cipro da parte greca.

Uno dei punti affrontati dall’Ambasciatore è sulla stabilizzazione dei Balcani: ritiene possibile che le etnie –slave e albanesi- lavorino insieme, è doveroso farle collaborare. L’UE non è in grado di imporre una volontà su Serbia e Kosovo, e seppur il dialogo procede non si riesce a raggiungere punti chiavi nel processo di normalizzazione delle relazioni. Inoltre, l’asticella della legislazione si alza sempre di più nei confronti dei paesi candidati perché l’UE continua a legiferare. In aggiunta, un altro problema riguarda il processo decisionale che dovrebbero essere più snello nell’UE ed agire è necessario in questa direzione perché per ogni cosa e questione è richiesta l’unanimità.

L’Italia, ha ricoperto sicuramente un ruolo centrale nel processo di allargamento, è il più chiaro avvocato nel rafforzamento dei rapporti con i Balcani, poiché rappresentano una fonte di interessi. Gli italiani hanno favorito discussioni e sono anche stati portavoce dei rapporti trilaterali fra Serbia, Albania e appunto Italia, quando le relazioni fra i primi due erano molto tese e difficili.

In conclusione, quindi si punta ad uno sviluppo ulteriore del mercato regionale, che l’Europa deve avere voce maggiore a livello internazionale e forse una voce unica? È questo che ci si chiede. Non è comunque tutto in salita poiché in tanti settori già sono inseriti i sei Paesi del Balcani come osservatori e questo rappresenta un training, così da non dover affrontare uno shock dopo. Da ultimo è stato affermato come sui valori l’Europa è vincente e non sul mercato.

Paolo Romano

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